Gian Maurizio Argenziano commenta l’articolo “Gli Indiana Jones delle pmi”

Milano Finanza

Private Equity Ci sono oltre 2 miliardi di euro nella cassa dei fondi destinati ad acquistare aziende non quotate.
Finora i prezzi alti hanno scoraggiato gli acquisti. Anche perché l'obiettivo è un rendimento del 25%.
Ma il 2002 potrebbe essere la grande annata.
Le banche stringono i cordoni dei finanziamenti.
I collocamenti in borsa sono merce rara.
Ma per le aziende in cerca di capitali per lo sviluppo ci sono oltre 2 miliardi di euro, che aspettano
solo di essere investiti. I fondi italiani di private equity hanno infatti ancora in cassa la maggior parte della loro disponibilità,
dopo un anno, il 2001, in cui sono stati conclusi ben pochi affari,a causa della distanza delle valutazioni tra domanda e offerta.
Cioè tra quanto le società di private equity sono disposte a offrire per comprare, in tutto o in parte, un'azienda e quanto gli
imprenditori chiedono.
Che cosa significa investire in private equity?
Si tratta di un investimento per gli investitori istituzionali, come fondi pensione e assicurazioni', spiega Luciano Balbo, partner di Balbo e Sala, che sottoscrivono fondi chiusi dedicati all'investimento in società private'.
L'obiettivo dei fondi di private equity è di entrare nel capitale con quote anche di maggioranza, affiancando l'imprenditore.
Per investire in un fondo è necessaria una dotazione importante, nell'ordine del milione di euro, e un orizzonte temporale lungo: i fondi hanno in media una durata di sei-sette anni.
Il rendimento che hanno però sino a oggi garantito è invidiabile.
Ma, se in passato molti fondi hanno sfiorato tassi interni di rendimento (Internal rate of return o Irr) del 40-45%, per il futuro le attese sono più modeste.
Per i prossimi anni, rendimenti nell'ordine del 25% sono da considerare soddisfacenti', commenta Giorgio Gandini, che
con Marco Mantica è a capo dell'ufficio milanese di Vestar, un importante fondo statunitense.
Un'aspettativa che condividono anche gli altri operatori italiani.
La maggior parte dei fondi dispone a oggi di oltre il 50% degli ammontari sottoscritti, che, per il momento, si trovano ancora
nelle tasche degli investitori.
Il 2001 è stato un anno in cui abbiamo analizzato molte opportunità, ma si è concluso abbastanza poco, a causa di valutazioni troppo elevate da parte dei venditori', commenta Gian Maurizio Argenziano, alla guida insieme ad Antonio Corbani di Abn amro capital in Italia.
Per il 2002 le cose potrebbero cambiare: e gli imprenditori potrebberorivedere al ribasso le loro richieste.
Non credo però che ci sarà una caduta dei multipli (i rapporti patrimoniali e reddituali con cui viene valutata un'azienda, ndr)', spiega Edoardo Morpurgo,della merchant bank Fineurop Soditic, specializzata nella
consulenza a società di private equity e nell'm&a, ritengo più probabile una discesa dei prezzi nell'ordine del 10% nei prossimi mesi'.
Le occasioni arriveranno allora, secondo Marco Cerrina Feroni, senior partner di Intesa private equity, dalle dismissioni
e dagli spin off (vedere riquadro) dei grandi gruppi.
Intesa ha già colto questa opportunità.
Ha infatti rilevato, con Lazard private equity, le partecipazioni di Telecom Italia nei consorzi satellitari.
Una buona occasione, se si considera che Inmarsat andrà in borsa già quest'anno e che per l'anno dopo sarà pronta Eutelsat'.
Un'alternativa interessante, secondo Antonio Corbani di Abn Amro, sono le operazioni di public to private, cioè il lancio di
opa su società quotate, che però non sono adeguatamente valorizzate dal mercato, pur in presenza di management valido
e buone prospettive di crescita.
Abbiamo partecipato all'opa su Idrapresse, e ora abbiamo allo studio tre dossier di aziende quotate in borsa che potrebbero essere ritirate dal mercato'.
Per Argenziano di Abn Amro, il 2002 sarà una buona annata per chi investe.
Non è positivo invece per chi deve disinvestire.
Basta vedere i numeri: in Europa nel 1999 ci sono stati 457 collocamenti in borsa, diventati 614 nel 2000 e sono precipitati a 183 l'anno scorso.
In Italia, il trend nel numero delle ipo è 27, 45,18'.
Ma in tema di collocamenti, il palmares spetta al fondo Bc Partners, di cui sono amministratori delegati Francesco
Loredan e Alberto Tazartes.

Bc partners, con operazioni come Brembo, Interpump, Zucchini, Buffetti e Seat è la società di private equity che ha realizzato il maggior numero di Ipo in Italia.
Con una disponibilità di 4,2 miliardi dell'ultimo fondo europeo, Bc partners guarda a società con almeno 250 milioni di euro di
fatturato e risulta attualmente in pole position nelle negoziazioni per l'acqusizione della Galbani dal gruppo Danone.
Anche per Stefano Miccinelli, partner di Investitori associati,che con un fondo chiuso da 400 milioni di euro è uno dei
maggiori protagonisti in Italia, è convinto che nel 2002 si torneràa investire.
Nel 2001, comunque, la Investitori associati non è stata a guardare, visto che con l'operazione Ilpea-Holma ha
realizzato uno dei deal più grossi nel mercato del private equity.
Molto attivo è stato anche il fondo Star venture, di cui è advisor la merchant bank Gallo del gruppo Meliorbanca.
Abbiamo fatto 10 investimenti, e alcuni sono già stati smobilizzati', spiega Paola Pedrazzini, direttore generale private equity di Meliorbanca asset management sgr, tra queste Hopa, Camuzzi, Salt, che hanno garantito tassi di rendimento notevoli'.
Ma su che cosa investono le società di private equity?
La maggior parte degli operatori interpellati descrive così la propria preda: società leader del proprio mercato, con ottimo
management, attiva nel settore dell'industria e dei servizi, con buone prospettive di reddito. I partner di ogni fondo hanno poi le proprie preferenze.
Per esempio, in Abn Amro si guarda al made in Italy.
Aziende leader nell'attrezzistica e abbigliamento sportivi, per creare una piattaforma di diverse società ', spiega Corbani.
Guarda alle aziende familiari, oltre alle operazioni di più grande dimensione, Andrea Negri, di Advent international,
uno dei più grandi del mondo, con oltre 6,5 miliardi di dollari investiti.
All'Europa, Advent ha dedicato circa 1,3 miliardi.
Quanti di questi andranno all'Italia?
Non è prevista un'allocazione nazionale.
Il problema è che le medie aziende italiane sono spesso troppo piccoleper essere attraenti per un grosso fondo.
Questo tipo d'imprese deve cambiare di fronte a un mercato globale.
O si vendono, oppure prendono dei partner finanziari'.
Fondi più piccoli, come Euromobiliare e Fineco capital, prestano invece grande interesse al settore dell'estetica, dei cosmetici e degli accessori italiani. 

Anche il settore automotive interessa diversi fondi generici.
Scettico sul tessile e l'abbigliamento è Jim Noble, partner del gruppo Deloitte, esperto di management buy out
(Mbo, l'acquisizione di un'azienda da parte dei suoi manager, ndr).
L'abbigliamento e, più in generale, il settore tessile non sono attraenti perché hanno flussi di cassa molto bassi.
Settori interessanti sono invece quello dei media e il farmaceutico'.
E a proposito di salute, Filippo Guicciardi partner di Kfinance-Translink, segnala il distretto biomedicale
di Mirandola, in provincia di Modena, dove ci sono una decina di aziende nel mirino di importanti fondi.