Intervista a Gian Maurizio Argenziano

Abn, nel 2004 il p/e cambia faccia.
Entro la prima metà dell'anno la banca olandese in fundraising per un fondo paneuropeo.
Argenziano spiega a MF Pe che l'obiettivo è raccogliere circa 500-600 milioni di euro per ciascuno dei paesi nei quali l'istituto
è già attualmente più attivo e quindi l'Olanda, la Francia, l'Italia e il Regno Unito.
Cambierà faccia il private equity di Abn Amro nel 2004.
A metà dell'anno prossimo, infatti, inizierà il fundraising per un fondo paneuropeo vero e proprio che conta di raccogliere tra i 500 e i
600 milioni di euro per ciascuno dei paesi nei quali la banca è già attualmente più attiva e cioè, oltre all'Olanda, la Francia,
l'Italia e il Regno Unito.
Lo ha spiegato a MF Pe Gian Maurizio Argenziano a capo, insieme ad Antonio Corbani, di Abn Amro capital, la società 100% Abn Amro
dedicata alle attività di private equity in Italia.

Domanda. Il private equity di Abn Amro è stato tra i più attivi in Italia quest'anno.
La sensazione è che abbiate cambiato marcia. Che cosa sta succedendo?
Risposta. Argenziano.
Effettivamente nel 2003 come team italiano abbiamo investito circa 300 milioni di euro di equity, pari
a circa la metà del totale degli investimenti fatti quest'anno nel private equity da Abn.
Abbiamo investito in deal piuttosto importanti, come il buyout di Global garden products e quello di Acc.
Entrambi sono gruppi ormai internazionali, ma hanno la testa, cioè il know-how e il management, in Italia.
In entrambi i casi abbiamo acquisito la maggioranza, perché il nostro obiettivo è quello di far crescere e sviluppare
le società nel nostro portafoglio.
E questo risulta molto difficile senza una leadership chiara, soprattutto quando la situazione di mercato
non è delle più favorevoli.
Questo tipo di approccio èrelativamente nuovo per Abn Amro.
È un approccio che ècambiato per tutto il private equity della banca, ma direi che l'Italia è in anticipo in quanto sono stati conclusi più deal di
questo tipo rispetto ad altri paesi.

D. Anche il tipo di azienda target è cambiato?
R. Corbani. Direi di sì. Per poter seguire la linea tracciata abbiamo bisogno di una certa dimensione d'azienda che
corrisponde alla media azienda europea.
Per capirci, il nostro target tipo è quello di società che si collocano tra i 100 e i 500 milioni di euro di enterprise value,
anche se siamo disposti a prendere in considerazione anche aziende un po' al di sotto o al di sopra di questi livelli,
quando si tratta di opportunità interessanti.
Per esempio, abbiamo investito in Faster, un'azienda di Rivolta d'Adda che produce sistemi oliodinamici
con un enterprise value di circa 60 milioni di euro, perché si tratta di una società che lavora in un settore con margini elevati
e per la quale abbiamo in mente un progetto di sviluppo su scala globale, anche se parliamo di un'impresa che esporta oltre il
90% del fatturato.
A questo proposito stiamo valutando una possibile acquisizione.

D. Il cambio di approccio al settore è coinciso con qualche cambiamento anche a livello di organizzazione dell'attività?
R. Argenziano. Non ancora, ma ci stiamo organizzando proprio in questo senso.
Stiamo per lanciare un fondo paneuropeo che raccoglierà i capitali di investitori terzi.
Il fundraising è previsto entro la prima metà del 2004 e si chiuderà entro il 2005.
L'obiettivo è raccogliere tra i 500 e i 600 milioni di euro per ciascuno dei paesi nei quali siamo più presenti e quindi, oltre
ovviamente all'Olanda, per la Francia, l'Italia e il Regno Unito.
Il fondo investirà anche in altre aree quali la Germania, la Scandinavia e la Spagna, a seconda delle opportunità che emergeranno.

D. Oggi, invece, come siete organizzati?
R. Corbani. Abbiamo una società di investimento, la Abn Amro ventures bv, cui la banca assegna una dotazione di capitali
annualmente su scala europea, capitali cui poi ciascun team attinge in ragione delle opportunità d'investimento reperite da ognuno.
Al momento Abn ha un portafoglio investito del valore di circa 2,2 miliardi di euro distribuito su circa 400 società.
E non ci sono preallocazioni determinate per area geografica.
Per esempio, abbiamo identificato occasioni di investimento di rilievo in Italia, quindi i capitali della banca destinati al private equity si
sono concentrati in maniera evidente nel nostro paese.
Le decisioni di investimento, comunque, sono fatte sempre a livello europeo.
E, quando sarà operativo il fondo, il nostro modo di lavorare non cambierà: resteremo sempre un team unico con
professionisti basati nei principali paesi, che trovano le occasioni di investimento e poi le valutano tutti insieme.
Così come non cambierà il fatto che non esisteranno allocazioni fisse di capitale per aree geografiche.
Si investirà dove sarà conveniente e dove troveremo le opportunità più interessanti.

D. I capitali che avete investito finora in private equity sono tutti di Abn Amro?
R. Argenziano. Fino ad ora, sì. La maggior parte dei capitali
investiti è stata della banca, con due sole eccezioni, in Francia e
nel Regno Unito, ereditate da situazioni pregresse.
Abn Amro ha sempre puntato molto sul private equity come attività attraverso
la quale far crescere il roe della banca.
La strategia di Abn Amro non cambierà, anzi.
Compatibilmente con la nuova normativa di vigilanza di Basilea 2, l'esposizione della banca potrebbe
aumentare.
L'idea di creare un fondo paneuropeo vero e proprio si colloca in questa strategia, che peraltro non escluderà
coinvestimenti diretti di Abn con il fondo stesso, in particolari deal o in altri fondi.

D. Quale quota del fondo si riserverà Abn?
R. Corbani. Non è stato ancora deciso, ma ci aspettiamo che
Abn Amro si riservi il ruolo di sponsor principale.

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